CANALE (2018)

9,8x11,8 in ~ Pittura, Acrilico


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Mi sono specchiato nel Lambro, non è più nero come un tempo; mi è dispiaciuto un po’. Non sono
pazzo e nemmeno un antiecologista; è solo una stupida questione di affetto. Quel fiume lo vidi da
limpido diventare pian piano uno scandaloso personaggio: puzzava e sporcava ma non era colpa
sua, l’avevamo ridotto così, ma sia ben chiaro, non aveva perso le morbide anse e le leggere
cascatelle che ne facevano, nonostante tutto, un romantico amico. Un bel ricordo ce l’ho anche di
quel passato fervore costruttivo destinato ad assorbire migliaia e migliaia di immigrati, fatto di gru
che salivano; muri che crollavano; cemento che edificava e ruspe che demolivano. A Milano si
fecero delle collinette che chiamavamo montagnole, come appunto lo era anche quella di macerie
accumulate al parco Lambro che vidi crescere di giorno in giorno e sulla quale noi, poco studenti,
andavamo a scalare. Eppure tutto andava a comporre quel grigio e umido squallore della periferia
che senza saperlo amavo e rimpiango perché era la mia città; quella città della quale in breve
tempo tutti si sentivano di far parte e che mentalmente si estendeva sulla Brianza e sui laghi.
Tempi eroici nei quali non ti meravigliavi se la sera, tornando a casa col trenino, prima della alzaia
del Martesana, dovevi scendere perché i troppi vagoni pieni impedivano al vecchio e rumoroso
tram di superare il ponticello che la attraversava.

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