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I.A.: L'illusione di essere umani

Aggiunto il 19 lug 2024

I.A.: L'illusione di essere umani[...] Non dimentichiamo che è una macchina in possesso di tutte le caratteristiche degli umani e quindi: egoismo, cupidigia, invidia, rettitudine, bontà, carità, eccetera. Otterremmo il contrario di ciò che vogliamo: invece di una macchina umana docile, senza timori, senza preconcetti, utilizzeremo una macchina copia esatta del programmatore con tutti i pregi e i difetti che gli competono. Conclusi che avevamo generato soltanto un umano esternamente di latta e internamente identico a milioni di altri.

 Sicuramente sbagliavo. [...]

Questo è un piccolo estratto del libro illustrato pubblicato da Amazon.

Dopo tanto tempo ho deciso di dare ordine ai miei racconti, altrimenti pubblicati sporadicamente sui social e destinati all'oblio, un'idea che mi rattristava.

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Intervista a "CIVICO 20 NEWS"

Aggiunto il 24 feb 2024

 


Sei domande a Stefano Galli, pittore del metareale

Di Michele Franco

 Articolo di Milo Julini

Pubblicato in data 20/03/2022

Pittore premiato da pubblico e critica, Stefano Galli non conosce soste creative o cali di popolarità.

La sua personalità è analitica ma sognante e propensa a viaggi fantastici. Il risultato è una pittura metareale, e sulle tele si intrecciano emozioni vivissime e sensazioni lontane, descrizioni geografiche si mescolano a percezioni e sentori del passato, conosciuto e ignoto convivono spensierati o ponendo domande profonde e cruciali.

Galli ci porta in un territorio "magico" in cui tutto è, tutto appare, tutto sembra. Il linguaggio pittorico fresco cela una acuta e partecipe osservazione emotiva del mondo, delle genti, della natura, dei sentimenti.

Conflitti terribili, noia del vivere, leggende d'Africa, guerre quotidiane, ricordi di gioventù, visioni di città.... tutto prende velocità sulle sue tele, ma chi sa cercare riconosce, pur nel dinamismo delle composizioni, il proprio angolo di intimissima, personale quiete.    

Galli, vogliamo partire sparigliando la sequenza delle domande, un po’ come avviene nei tuoi dipinti? Quali mostre per le tue opere nel prossimo futuro?

Per fortuna il programma espositivo è vivace, per il momento le mie opere sono in permanenza nella galleria Accorsi arte a Torino ed alla stessa galleria nella sede di Venezia.

Dal 28 marzo al 4 aprile parteciperò con alcuni quadri di medio formato alla collettiva alla Galerie Bortone di Parigi. Faremo inoltre una personale, io e il bravissimo scultore Maxo della Rocca a luglio, al palazzo del Bargello di Gubbio. Ma ci sono altre novità in via di definizione, sulle quali ancora non mi sbilancio.  

                                                                                       

Ricerca artistica e innata voglia di conoscere fanno parte della tua personalità. Quali riferimenti artistici hanno "lasciato il segno" nel tuo percorso pittorico?

Mi interesso di arte da sempre pertanto, come usava un tempo, fui subito “presentato” a Raffaello, Michelangelo, Caravaggio, e altri grandi della pittura. Figure immense che, se da una parte stimolavano, dall’altra demoralizzavano per la loro irraggiungibilità.

Negli anni Sessanta contrassi grande passione per i futuristi dei quali, culturalmente e politicamente, era quasi vietato ricordarne l’esistenza. Personaggi che, di fronte al rapido cambiamento dei tempi, invece di reagire in modo conservatore, spronavano quei cambiamenti, facendone la scelta intellettuale della propria ideologia.

Nei tuoi dipinti cogliamo, nel vorticare dell'impianto costruttivo e nell'uso di colori contrastanti, quel dinamismo. Gli accostamenti cromatici sono ricercati, coraggiosi, splendidi. E su tutto domina la luce: segno di ottimismo, o necessità profonda, oltre l'estetica?

Per me la pittura è colore. Lo uso senza uno studio preliminare. Confesso che, all’inizio, l’uso di forti colori fu, da parte mia, un atto di ribellione nei confronti di tanta pittura che appariva sempre più ripetitiva, anonima, scolorita, quasi volesse passare inosservata.

Pertanto, non mi meravigliai di alcuni motti di irritazione che mi furono manifestati proprio a causa del colore. Stavo andando in una direzione "controcorrente" all'epoca, e la cosa non mi dispiacque. Non ho mai seguìto le mode, ho sempre realizzato una pittura che sentivo maturata come mia espressione. E il colore era parte integrante del mio linguaggio espressivo.

Qual è lo stimolo che ti spinge a realizzare opere in cui il senso di circolarità è dominante? C'è necessità di controllo SU ciò che vedi o cerchi la vertigine dello smarrimento IN ciò che vedi?

È una evoluzione o una involuzione quella che, nel tempo, mi ha portato a prospettive circolari? Esteticamente direi che la risposta è impossibile, sarebbe troppo relativa.

Una cosa è certa: tempo fa scelsi di distaccarmi un poco dai problemi del mondo, annebbiando l’osservazione delle cose. La pittura, inconsciamente, seguì tale indirizzo, e come un balsamo mi portò a realizzare visioni sempre più vaste: panorami dagli orizzonti lontani nei quali, invece di smarrirmi, mi ritrovai.

Parliamo così della metarealtà, definizione che abbraccia la tua produzione pittorica. Il metareale, spazio d'incontro tra noto e ignoto, è infinito territorio incerto. La tua dimensione onirica ci si trova a proprio agio?

Direi che ogni interpretazione personale della realtà è metareale, essendo la risultante di un connubio di vero e falso. Affidandoci a questo lemma, possiamo evitare di chiederci se quanto facciamo appartenga al mondo reale oppure a quello del sogno. Si tratta di un territorio effettivamente incerto, ma anche accogliente: permette di sfiorare il metafisico e il surrealismo, e di esprimere quanto filosoficamente vogliamo dire. Personalmente affermo che, nella banda di accettazione della metarealtà, è facile sentircisi a proprio agio.

 

La tua vita reale avviene nel mondo tecnologico, fatto di regole stringenti. Il metareale dell'animo, che esprimi su tela, è un paradiso possibile o solo una diversa prigione?

Il nostro mondo è sempre stato così, in ogni periodo storico: una specie di prigione composta dalle nostre insoddisfazioni di cui proprio l’arte ha sempre collaborato per abbatterne le pareti. L'arte è evasione. È libertà allo stato puro; una inviolabile cittadella nella quale rifugiarsi per realizzare, se lo vuoi, nuovi paradisi liberi da regole ed imposizioni, altrimenti puoi godere della libertà di costruirti una prigione o, addirittura, il privilegio di inventarti un inferno.

Grazie Stefano Galli.

Aggiungo che la sua pittura dialoga con persone d'ogni età.

Il suo "fare Arte" non è racchiudibile in un "target": le opere sono trasversali e colpiscono un pubblico variegato. Modernissime pur quando raccontano il passato, catturano con mescolanza di linguaggi espressivi ampia. Dal ponderato disegno di base emergono opere che si staccano dai confini-prigione, entrando in un territorio visivo e immaginifico ricco di rimandi e simbolismi. Anche nelle scene all'apparenza più "normali" ogni dipinto è pronto a svelarci l'imponderabile.

L'atmosfera surreale, onirica, giocosa, può mutare improvvisamente, e rivelarci tutto "l'altro" che l'artista ha sapientemente occultato nei suoi dipinti. Così, gli stimoli emozionali che le sue opere donano sono inesauribili.

Michele Franco

 

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Intervista Connectivart di Francesco Cogoni

Aggiunto il 24 feb 2024

Intervista a Stefano Galli

 04/05/2023  connectivart  0 Commenti arteArtista, ConnectivArtIntervistaStefano Galli

Oggi vi presento l’intervista a Stefano Galli, un pittore ricco di colori e dalle prospettive aeree prorompenti.

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?Quali persone, situazioni o artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?Cosa vuoi esprimere attraverso l’arte?Mi piacerebbe approfondire sul tuo ultimo progetto artistico, cosa ne dici?Qual’ è il tuo rapporto con il mercato? che possibilità ci sono di emergere per un giovane artista?cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe vivere di arte?

Quando e come nasce il tuo percorso artistico?

Il desiderio di creare immagini l’ho sempre avuto. Nel tempo ho capito che occorreva applicazione nel

fare e nell’imparare, quindi all’inizio disegnavo copiando i grandi maestri o schizzando dal vivo; in

seguito mi forzavo a disegnare soggetti a memoria. Parlo di disegnare e non di dipingere perché è nel

disegno che trovavo il piacere di inventare, mentre la pittura nacque come coloritura del disegno,

utilizzando diverse tecniche. In seguito, frequentando scuole tecniche ed in particolar modo ingegneria,

raffinai quel senso innato che avevo per la prospettiva. Non mostravo volentieri le mie opere ritenendole

criticabili negativamente. Soltanto alla fine degli anni settanta iniziai a mostrare pubblicamente quanto

facevo.

Quali persone, situazioni o artisti hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?

direi che si sono presentati tutti i casi, infatti devo a mia moglie ed alla sua insistenza di non aver solo

prodotto, ma anche iniziato a mostrarlo; devo riconoscere che il verificarsi di certe situazioni lavorative

mi hanno concesso di dedicare il tempo libero alla pittura, ed infine devo a tanti grandi artisti

contemporanei l’avermi condotto a scelte estetiche a me confacenti. Ho fin dagli anni sessanta una grande

ammirazione per il futurismo; corrente culturale allora bandita, il cui influsso penso compaia chiaramente

in molti miei quadri. Cito i nomi di alcuni artisti che ritengo mi abbiano influenzato: Sironi, De Chirico,

Savinio, Dottori, Depero, Balla, Crali ed altri. Del tutto evidente in molte mie opere è l’influenza del

fumetto che, come elemento dello sviluppo culturale non ha smesso di interessarmi con la maturità, ma

ancora mi interessa, non tanto per il contenuto letterario, ma per l’alta qualità del disegno presente in

alcuni autori, cosa che mi fa ritenere, il fumetto in generale, il vero scrigno di conservazione della buona

manualità nel campo dell’arte.

Cosa vuoi esprimere attraverso l’arte?

Niente di definitivo perché l’arte ti accompagna per tutta la vita e quindi con essa segue i

cambiamenti che le età e le circostanze determinano, portandoti ad esprimere di conseguenza; per

tale motivo non mi sento in grado di definire un preciso, uniforme messaggio trasmesso dalle mie

opere; piuttosto ognuna di loro ha lo scopo di raggiungere quella persona alla quale l’immagine è

stata inconsciamente indirizzata ed alla quale trasmette una personale emozione. Per quanto detto

non ho una tematica omogenea e riconoscibile, ma mi avventuro in argomenti piuttosto distanti.

Se proprio si vuole cogliere un messaggio nel complesso di quanto faccio è semplicemente il grido

“siate liberi di esprimervi, soprattutto liberi da se stessi”.

Mi piacerebbe approfondire sul tuo ultimo progetto artistico, cosa ne dici?

Il mio ultimo quadro è legato, come tanti altri alla quotidianità e si intitola: “non funziona!”

indirizzato alla macchina distributrice di bibite e caffè. una situazione assolutamente risibile, ma

esistenzialmente importante essendo, quello del caffè, un rito notevolmente incidente sulla noia

giornaliera, determinata dalla ripetizione degli stessi gesti. Ci sono situazioni lavorative nelle quali

avere il coraggio di reclamare per la caffettiera rotta è paragonabile alla esecuzione di un epico

gesto. Perché non considerare epiche queste piccole circostanze?

Qual’ è il tuo rapporto con il mercato? che possibilità ci sono di emergere per un giovane artista?

Per quanto vedo, questo non è certo il momento migliore per parlare di floridezza; note circostanze

hanno determinato, sia un impoverimento del collezionista, sia una parsimoniosa cautela nello

spendere, per cui, direi che si sopravvive. Per quanto riguarda il mio rapporto con, direi i mercati,

presenti e passati, sono, come penso per tanti, molto vari al punto che parlarne significherebbe

rivestire l’arte di rivendicazioni sindacali, essendo il mestiere ed il suo prodotto non configurabile

in un ordinato regolamento. Pensate ai prezzi raggiunti da opere di artisti letteralmente morti di

fame, ed al contrario i prezzi di, un tempo, noti artisti poi decaduti.

Per quanto riguarda il giovane artista, a questa domanda non so rispondere perché per

emergere, occorrono capacità e fortuna ed ultimamente, mi pare che conti più la seconda.

cosa consiglieresti ad un giovane che vorrebbe vivere di arte?

Domanda assai difficile: se il giovane ha una buona dose di certezza di poter emergere e vivere d’arte,

quindi ha talento riconosciuto e buoni appoggi, rischi. Per chi invece si affaccia all’arte solo perché è

affascinato o meglio, illuso, da una certa vita anticonformista, ed il suo prodotto è il solito manieristico

informale astratto o cubista, ci pensi sopra perché la mancanza della pagnotta è sopportabile da giovane,

ma non da vecchio.

La pittura, o meglio, l’arte in generale, non impedisce di avere un lavoro, anzi, il lavoro stesso può essere

suggeritore di ispirazione.

E’ abbastanza diffusa l’abitudine per molti artisti di nascondere il fatto di avere un introito che gli permetta

di vivere e che invece il suo sostentamento provenga solo dalla attività artistica, cosa che chiunque è

liberissimo di fare ma, l’impressione che ne ricevo, è quella di sostenere una faticosa doppia personalità,

quando invece è così semplice essere sempre se stessi nel lavoro dell’arte e nel lavoro di sostentamento.

Francesco Cogoni.

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Critica del prof. Philippe Daverio

Aggiunto il 23 feb 2024

 

Critica Philippe Daverio

 

 

Ho scoperto un pittore molto strano che fa dei quadri che posso guardare dai quattro lati eccoli qua l'altro ancora l'altro ancora e l'altro ancora e stanno sempre plausibili come se fossero in piedi è un ingegnere e sapete che gli ingegneri nel ventesimo secolo hanno generato due tipi di personalità diverse l'ingegnere proprio quelli che non muovono la testa di un filo e gli ingegneri super creativi per essere nel loro intimo leggermente anti ingegneri si tratta di Stefano Galli simpaticissimo mio coetaneo che ha passato la sua vita a fare l'amministratore pubblico in una amministrazione locale importante del Piemonte e che però rasserenava la sua anima il suo animo dipingendo e realizzando dei percorsi pittorici che stanno fra il fumetto e il gioco dei bambini in un ambito di fantasia incontrollata aperta a tutto ed inarrestabile questi dipinti sono spesso realizzati come una sorta di fish Eye che rende tutto sferico e allarga il punto di vista ma permette anche di dare la sensazione di volare pieno di aeroplani pieno di movimenti pieno di automobili pieno di tram talvolta ma in mezzo degli omini piccoli piccoli stanno in fondo al bar e guardano il mondo con l'occhio incuriosito e vi accorgerete della cosa più simpatica e misteriosa che non è affatto un fisheye e questo giustifica l'esistenza delle invenzioni pittoriche anche oggi perché la nostra mente riesce a diventare molto di più di quanto non inventi sia l'ottica che il computer secondo parametri assolutamente indipendenti non affatto casuali ma poetici e allora vi invito anche voi a scoprirlo e a capire che si può essere un signore tranquillo nascosto da qualche parte sotto l'arco alpino purché si abbia un carattere bizzarro come il suo Stefano Galli ingegnere amministratore pubblico e nondimeno con la fantasia al potere

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IL TELEFONO DEL BENZINAIO

Aggiunto il 31 lug 2018

Intanto non era da tutti avere il telefono, quindi per ordinarlo occorrevano solidi motivi. A Bice, per una attività come la loro, parve necessario averlo, quindi se lo fece installare.

 E' vero che sulla cosa ebbe notevole peso il parere di Paola, sua figlia, che più di essere interessata ai benefici per l'attività, essendo sensibilmente preoccupata di non avere ancora un fidanzato a vent'anni, supponeva che allargando le possibilità di contatto, avrebbe aumentato anche la capacità di trovarlo, un fidanzato, ed in ciò Bice era completamente d'accordo con la figlia.

Per cui, date queste premesse, e visto che il parere di Ubaldo, benzinaio di professione e detentore dell'unico distributore del paese e marito di Bice, nonché padre di Paola, non contasse nulla, senza neanche votare, passarono all'ordine di installazione dell'indispensabile mezzo di comunicazione.

Ubaldo non se la prese, sia perché di natura era calmo e distaccato, sia perché quando si ha a che fare con le donne e con certe decisioni tutte loro e sempre meglio stare zitti ed aspettare: prima o poi sarebbe arrivato il conto.

Passò il giusto tempo ed arrivò la bolletta, Ubaldo ne guardò l'importo poi rivolgendosi a Gabriele, il nipotino di di cinque anni, gli disse col solito tono indifferente e strascicato: "Adesso vedrai, la Zia farà i lampi". Ma Bice, da buona commerciante e donna, della cosa aveva valutato tutti i pregi e i difetti, per cui lesse la cifra con la semplice espressione di chi sa.

Ubaldo, per la mancata vendetta, colorò di delusione la propria indifferenza, ma Gabriele, Gabriele poverino, urlando e saltando, voleva che la Zia facesse i lampi.


                                          La pompa della benzina - 30x30 - 2017

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IL VENDITORE

Aggiunto il 24 lug 2018

Le luci bianche degli stand e la stanchezza di dieci ore di fiera ti fanno apparire tutto mostruoso; tutto paurosamente reale.

Anche Mirella è troppo reale con i suoi capelli tinti e la pelle che ha perso il trucco. Anzi no, non l'ha perso: sembra essersi localizzato in alcune parti del volto come sabbia ondulata dal vento.

Una giornata di panini, caffè e scarpe strette!

per quanto riguarda le vendite, s'è venduto, ma non come speravo e poi, anche 'sta volta, è mancato il cliente con la "C" maiuscola: quello che ti schiaffa diretto nella storia del marketing di settore.

M'è capitato una sola volta, ventidue anni fa alla fine di questa stessa fiera.

Stavo per smontare, perché erano gli ultimi dieci minuti prima della chiusura, quando arriva lui.

Da quella vendita nacque la mia leggenda e il mito del Cliente perfetto che ha un volto inconfondibilmente simpatico, è deciso ed ha la pancetta.

Del fatto esistono infinite versioni che ancora oggi alimentano le speranze di tanti giovani e giustificano la permanenza degli anziani.

Comunque mito o no, ancora oggi, stanco come sono, aspetto accasciato su una sedia la chiusura della fiera, scrutando con l'occhio sbacalito l'angolo dal quale all'ultimo momento potrebbe apparire lui, il cliente dal passo sicuro; quello con la pancetta che mi sistemerà per il resto della vita.

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LA CASA DEL PICCOLO MANGO

Aggiunto il 17 lug 2018

Il bovindo dà sull'incrocio parecchio trafficato e, riflettendoci, 'sta casa s'è affittata proprio per il bovindo che dà sull'incrocio e l'atmosfera teatrale che esprimono tutte e due: un palco che si affaccia su un proscenio indaffarato.

Non si vede verde in giro; non c'è nessuna pianta a deturpare la teoria di cemento che è poi il panorama cittadino che ci si aspettava.

Molto bene!

Di scorcio, in fondo, quasi non si vede ma si intuisce in quanto si sa che c'è: un fiorista.

Avrei potuto rallegrare la casa con fiori recisi, invece Rosanna ha preferito sotterrare in un vaso il nocciolo di un frutto di mango ed aspettare che germogliasse; adesso sta sul tavolino, al centro del bovindo e pare cresca bene; mi domando cosa ne verrà fuori dal germoglio di questa pianta i cui frutti son così da poco sui banchi dei nostri fruttivendoli.

Chissà in quanto tempo cresce un albero di mango?


                          La casa del piccolo mango 30X30 - 2017

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IL PRATO DI PERIFERIA

Aggiunto il 17 lug 2018

Non ci sono giorni buoni e giorni cattivi per giocare sul prato davanti alla scuola; l'importante è arrivare per primi, in due o tre, per fare squadra. E' chiaro che,chi arriva dopo, è l'avversario e che chi arriva ancora dopo, va mandato in questa o quella squadra senza che possa dir niente.

Il campo di calcio si allarga o si stringe a seconda di quanti si è a giocare. Delle volte si è così tanti da occuparlo quasi tutto, allora capita che gente estranea al gioco si trovi ad attraversare il campo in diagonale, cosa che aumenta la difficoltà di individuare chi gioca per l'una o l'altra squadra ma, in fin dei conti, non è un grosso problema, perché l'importante è giocare, correndo dietro la palla togliendola agli altri per fare goal in una rete che forse è la tua, ci sia o non ci sia il portiere che, magari, è diventato centrattacco.


                                                                   Periferia 50x50 - 2018

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DOSTOEVSKIJ NON AMO’ PIU’ GINEVRA

Aggiunto il 10 lug 2018

Quelli del complessino musicale, piazzatisi sul largo marciapiede della Rue di Marché con la batteria, il contrabbasso, la tromba e un delicato violino, hanno prima steso a terra un verde, contenuto telo sul quale si esibiscono: uno spazio ordinato da non violare e da non debordare. Una musica dolce e garbata, quasi silenziosa che non disturba i prezzi delle ricche vetrine lì intorno.

Nessuno al semaforo lava i vetri e le macchinette dei parcheggi richiedono imbarazzati franchi agli stranieri.

Bella città Ginevra: a righe orizzontali grigie e bianche, con frequenti colorate bandiere e una fila di alberi sul lungo-lago.

Bello passeggiare sul Quai du Mont-Blanc, con gli alberghi da una parte ed il lago dall'altra, scrutando il soffione lontano sullo sfondo di un cielo mutevole ed osservando l'ammirevole gente che vive a Ginevra: puliti, educati e civili qui, a Ginevra, dove un improvviso raffreddamento si portò via la piccola Sonja e Dostoevskij non amò più Ginevra.


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