Il dubbio (2024)

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Il guastafeste
“Finalmente, siamo riusciti ad avere una macchina che ragiona come noi umani!” Così disse il capo
progetto con evidente euforia e c’era da condividerla, visto che da quasi venti anni si era cercato,
in una lunga serie di proposte, un sistema informatico in grado di dialogare apertamente con vari
operatori nascondendo la propria natura artificiale. inaspettatamente se ne esaminò una che
diede i risultati attesi: la macchina aveva dialogato da mente umana, per cui si sarebbe potuto
intraprendere la realizzazione di un sistema operativo autonomo, cosciente, di grande memoria e
di alta velocità.
Fu a questo punto che mi chiesi, guadagnando il soprannome di guastafeste, se fosse proprio
quello che volevamo.
Non fu la mia la contestazione dell’operato o del suo risultato, ma al contrario, feci una
osservazione con intenti collaborativi e lo feci con la povertà di linguaggio di un autentico
inesperto in psicologia. Un dubbio mi frullava in testa da qualche tempo: nei test precedenti le
macchine rivelavano la propria natura artificiale perché avevano utilizzato gli usuali, quotidiani
processi mentali dei programmatori. Supposi che fosse proprio questa carenza di una più
profonda, intima, conoscenza del proprio io a indicarne il carattere artificiale. La macchina invece,
definita IA, superò i test proprio perché erano a lei note le occulte forze o debolezze del
programmatore, al quale va un plauso per la sua bravura, capace di analizzare e trattare con
programmi specifici il proprio subconscio, circostanza che rese la macchina idonea alla richiesta. A
questo punto però, aggiunsi che bisognava considerare la macchina capace di interrogare e
assimilare quanto di più intimo c’è nei pregi e nei difetti degli umani per cui, durante l’esercizio
della sua attività, data la velocità, li accumulerà rendendoli sempre più evidenti e utilizzabili sia per
il bene, sia per il male a proprio esclusivo vantaggio. Non dimentichiamo che è una macchina in
possesso di tutte le caratteristiche degli umani e quindi: egoismo, cupidigia, invidia, rettitudine,
bontà, carità, eccetera. Otterremmo il contrario di ciò che vogliamo: invece di una macchina
umana docile, senza timori, senza preconcetti, utilizzeremo una macchina copia esatta del
programmatore con tutti i pregi e i difetti che gli competono. Conclusi che avevamo generato
soltanto un umano esternamente di latta e internamente identico a milioni di altri.
Sicuramente sbagliavo.
Capii però che tali dubbi erano sorti anche al capo progetto perché si infuriò come una bestia e lì
per lì mi diede del “rompi balle” che in seguitò mitigò con “guastafeste”.
Da quel giorno stetti sempre zitto, però il tempo mi ha dato ragione: più la macchina è umana e
meno c’è da fidarsi.

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