Tequeelcheifo (2024)

9,1x12,6 in ~ Disegno, Biro, Matita, Pastello


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AEREOGIOIELLI
In Colombia, a Bogotà, nel museo dell’oro sono conservati decine di migliaia di oggetti dai più svariati soggetti, ma ce n’è una serie che rappresenta veri e propri modellini di areoplani. Il problema sta nel fatto che quei modellini provengono da una tomba risalente a più di millecinquecento anni fa.
E’successo così:
- Ma cosa t’è saltato in mente di fondere monete con la forma dei sacri uccelli degli Immortali, lo sai che non vogliono che rappresentiamo in alcun modo loro e i loro oggetti?
- Maestà, me l’hanno chiesto loro; io avrei come sempre fuso oro con la forma di animali e sacri dei, ma son venuti da me e con quella voce aspra e tagliente, indicandomi i loro uccelli di metallo che volteggiavano sopra la mia officina, mi hanno ordinato di fare monete di quella forma. E mi han dato anche l’oro per farle.
- Sei comunque in pericolo, come potrei esserlo io, anzi tutti noi! Ti ricordi che fine ha fatto Telquikelpirla che in un suo bassorilievo, pur nascondendola nell’intricato e quasi intellegibile disegno, raffigurò una loro nave?
- Mi ricordo Maestà: lo hanno portato in alto, in alto, poi se lo sono lanciato come una palla di stoffa finché uno di loro ha perso la partita.
- E allora cosa ti insegna questo? Ti avranno certamente chiesto loro quelle monete ma, secondo me, non è sufficiente per salvarti la pelle.
Tequelkelfonde sentì un brivido lungo la schiena: aveva fuso a cera persa qualche centinaio di monete a uccello come gli era stato ordinato quindi non gli pareva giusto che per obbedienza potesse essere punito. Lo avevano pagato cospicuamente per quel lavoro, inoltre, se ne era tenute un bel numero di quelle monete. Questo il Re non lo sapeva ed era meglio non dirglielo perché, avido com’era, lo avrebbe tassato a morte. In conclusione, riflettendoci bene, Tequelkelfonde, concluse di aver sbagliato di parlarne al Re e penso bene di svincolarsi.
- Mio Re, mi dispiace di averti turbato. Hai ragione: siamo tutti in grave pericolo, ma non voglio che il mio popolo e soprattutto te, mio Re, dobbiate rischiare per colpa mia, quindi per un po’ me ne starò lontano: tornerò alla mia officina così, quando verranno per punirmi, mi troveranno li dove sanno e non avranno motivo di colpire altri.
- Tequelkelfonde, questo atteggiamento ti fa onore; sei proprio un degno figlio del tuo popolo. Allora vai e cerca di affrontarli con coraggio.
- Grazie Maestà, ne ho bisogno di coraggio perché, oltre alla vita, mi porteranno via tutto quello che ho.
- E’ quasi certo! Adesso però vai, togliti dalla corte.
- Vado Maestà, vado ma, le casse del Regno potranno risarcirmi se sopravvivo?
- Vedremo, vedremo…
- E’ facile che io non possa più…vedere.
- E va bene, va bene. Le casse ti riconosceranno cento monete.
- Duecento.
- Centocinquanta dal peso intero.
- D’accordo, vado!
Tequelkefonde tornò alla sua officina dove aveva nascosto il bel gruzzolo di monete e dove nessuno andò a cercarlo perché i figli del cielo, gli dei volanti, se ne erano andati portando con se quei bei gioielli in ricordo.
Tequelkelfonde diventato ricco, prima di morire, nel profondo pozzo che fu la sua tomba, depose le monete d’oro con la forma di animali, di dei e di sacri uccelli, con le quali pagare agli dei un umile sgabello sul quale sedersi nella terra dell’immortalità.

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