23,6x23,6 in ~ Pittura, Acrilico
La Salute di notte
Come ogni tanto mi capitava, ebbi voglia di Venezia; arrivai che ormai era buio. Il solito giro fra i vicoli e poi a cena nella solita trattoria dai prezzi accettabili in inverno ma da evitare d'estate. L'autunno inoltrato si faceva sentire e lasciare il calduccio della trattoria sarebbe stato faticoso se non avessi sentito la necessità di rinfrescare vestito e giaccone, disperdendo nell'aria fresca della notte il tanfo di fritto. I momenti immediatamente successivi al pranzo ed alla cena sono quelli nei quali mi pento di aver mangiato per cui, quella sera, mi diressi al traghetto sul quale mi tenni all'aperto in piena corrente d'aria per depurarmi dai miasmi imprigionati nei tessuti.
Fui, come sempre, attratto dalla Salute al cui attracco scesi dal traghetto e dopo aver fatto assorbire dai vicoli bui i pochi passeggeri, spalancai la vista tutt'intorno, considerando la maestà della Basilica e l'assenza di ammiratori. Andai su e giù per il vasto corridoio davanti alla facciata ascoltando o inventando voci che mi parlavano di fede o di peccati; di punizioni e sofferenze. Nella solitudine capita spesso di inventarsi una compagnia, fu in uno di quei momenti che mi si gelò il sangue; una diafana figure si era materializzata a poca distanza da me; qualcosa di sfumato nella notte; un uomo alto, dal passo sicuro senza testa e senza un corpo ben visibile, solo due strane macchie bianche là dove avrebbe dovuto esserci la testa. E la testa c'era, era di un prete che avvicinandosi mi disse “niente paura, sono vivo!”. Era un prete africano dalla pelle scurissima e denti bianchissimi che, insieme al colletto rigido, erano le uniche cose non mimetizzate nella notte. Rise dicendomi che gli capitava spesso di smuovere l'intestino alla gente che l'incontravano di notte. Parlammo un po'; era del Camerun ma stava bene in Italia, poi ripresi il traghetto.
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