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Aggiunto il 18 dic 2015

La piccola fiammiferaia


la piccola fiammiferaiaLa tenera, infreddolita bambina dagli occhi dolci, percorreva scalza le strade della città vendendo timidamente fiammiferi ai passanti; mai si sarebbe azzardata ad entrare in un negozio e tanto meno in una bettola per scaldarsi ma quella volta fu colpita nel vedere i signori Pig e Boar, rettori dell’Orfanotrofio, entrare ridendo nella più malfrequentata osteria della città. La piccola decise di spiare cosa avessero a che fare quei due rispettabili signori con quel posto; entrò e si nascose tra i pastrani appesi lungo le pareti e, scivolandovi dietro, si portò ad un palmo dal tavolo occupato dai rettori.
Dai loro discorsi, interrotti da grasse risate, venne a sapere in breve quanto rubassero all’ orfanotrofio e quanto disprezzo nutrissero per i suoi poveri e piccoli ospiti; risero anche di lei che avevano visto vendere i fiammiferi fuori del locale e i cui, seppur poveri guadagni, avrebbero concorso ad ingrassare le loro pance.
Ne sentì abbastanza per covare una gran voglia di punirli e il come fare le venne subito in mente.
L’orfanella raccattò, nella piazza del mercato, alcuni giornali e della carta usata; raschiò del grasso di pesce in pescheria e, seduta su una panchina del parco, compose il testo di due lettere anonime, una per Pig e l’altra per Boar, fatte di caratteri ritagliati dai giornali ed incollati col grasso di pesce ai fogli di carta stropicciata.
Si recò quindi a casa di Pig per infilargli sotto la porta la lettera che il rettore, presala in mano, faticò poi non poco a staccarsela dalle dita; dopo averla letta si precipitò in cortile per verificare se quanto scritto fosse vero.
“Caro Pig” c’era scritto molto semplicemente “quanto sei fesso a farti fregare i soldi che hai nascosto da Boar”.
Pig scavato nel giardino trovò tutti i suoi soldi così che, contento e rasserenato nei confronti di Boar, si ritirò tranquillo in casa, mentre la buona fiammiferaia che lo aveva spiato, riscavando nella morbida terra recuperò ciò che, giustamente, riteneva essere dell’Orfanotrofio. 
La stessa cosa fece a Boar che, come il suo onesto compagno, aveva adottato la stessa fantasiosa soluzione: una buca nel giardino.
La piccola fiammiferaia, carica di due sacchi colmi di monete d’oro, ritornò all’Orfanotrofio, non prima però di aver consegnato altre due appiccicose lettere ai compari, i quali questa volta, ridendoci sopra, si recarono a passo tranquillo, ognuno nel proprio giardino, a riconstatare che: “Porca l’oca è vero, quel ladro mi ha rubato i soldi!”.
Pig e Boar, come matti, si precipitarono alla bettola dove ognuno di loro era certo di trovare l’altro e, senza dire ne ai e ne bai si scazzottarono ben bene urlandosi scambievolmente il titolo di ladro, farabutto e sfruttatore di bambini; in un primo momento pareva che prevaricasse il più irruento Signor Boar ma, grazie ad un ben assestato calcio sulle palle, il Signor Pig ebbe qualche possibilità di sopravvento con la quale poté rifilare a Boar una scarica di pugni tra bocca e naso.
Fu a questo punto che l’oste, per non avere grane con la polizia, li prese per la collottola e li sbatté fuori, nel vicolo sul retro del locale dove, nel buio, poterono darsele fino allo svenimento.
Fu al mattino del giorno dopo, vigilia di Natale, che il carro della immondizia passò nel vicolo e uno sgangherato spazzino, visti due saccacci mal ridotti di immondizia, imprecando, li scaricò sul cumulo di scarti di cucina, cacche di cane e di cavallo avviandosi poi verso la fumosa fossa detta Gehenna.
Per strada i due informi sacchi si risvegliarono e riprendendo ad insultarsi a vicenda, lanciandosi manate di lerciume, spaventarono a morte il povero spazzino che scappò in cerca della polizia.
I gendarmi arrivarono in tempo per assistere alle ultime fasi del tiro a segno e per prendere nota delle accuse scambiate tra i due; accuse talmente gravi da spingerli, tenendoli a dovuta distanza, in galera dove, freddatisi dal furore grazie al lancio di numerose secchiate d’acqua gelida, vennero a sapere che il giorno di Natale, i bimbi dell’Orfanotrofio, lo avrebbero festeggiato con un gran pranzo e tanti, tanti regali.
I due, sconvolti per la gran fregata, dovettero tacere così che, chiusi in cella, sommessamente, sbocconcellando la fettina di panettone mai negata a qualcuno il giorno di Natale, rivolgendosi al secondino con occhi dolci gli dissero: “Quanto vorremmo oggi essere coi nostri amati orfanelli”.

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