E’ difficile associare Stefano Galli ad altri artisti o ad una scuola tanto spiccata è la sua originalità. Ci troviamo di fronte a tematiche espresse con senso geometrico e con soggetti che si rifanno ad un certo verismo surrealista, non privo in alcune opere di effetti cubisti. Una pittura aperta, nella quale le figure e le immagini non risultano sollecitate da fenomeni astratti, quanto piuttosto da uno scandaglio narrativo che rispecchia una individualità del profondo della coscienza dell’artista. Di lui scrive Donato Conenna: “I personaggi e gli interpreti dello scenario posto sulla tela da Galli, vivono una loro età senza tempo: essi possono essere abitanti dei quartieri pop di un hinterland americano o visitatori stanchi di antiche case liberty viennesi o- nondimeno- sono la versione ortogonica dell’umanità eccentrica di Adami.
Certo, in Galli, senza giungere a solenni conclusioni simboliche, anzi concedendosi ad una sorta di elegante, contenuta ironia del “belvedere”, si può “leggere” e quindi assaporare, tutto il dulcamaro che l’immagine nuova e vera invia all’osservatore…”. Questa è la componente più sentita della pittura dell’artista, in quanto rappresenta un nuovo modo di esplorare la realtà dell’uomo all’interno del mondo nel quale esiste e se per un verso ha aiutato la lievitazione del poliedrico cosmo fantastico di Galli, per un altro è stata spunto prezioso di riflessione sulla necessità di un ampio spazio per agire in conformità al proprio dettato interiore, al di fuori dei vari condizionamenti esterni. Questo genere di pittura si avvale di momenti di vita, a volte in una dimensione iperrealista, in certi casi si caratterizza con la visione molteplice di alcuni frammenti di immagini che si ricollegano a numerosi assetti visivi, alla loro interferenza e alla giusta interpretazione dei ricordi, sino a creare nell’ordito narrativo una maggiore ampiezza del tempo e dello spazio che vi appare in forma coloristica vibrante ed accesa, non vincolata da diagrammi preconfezionati. Galli, anche nei dipinti in cui si nota una certa “gangherie”, agisce in una totale libertà, alleata ad un innato senso del colore, dell’equilibrio delle masse, della composizione. Ariel Bionda, presentando nel 1993 una mostra personale dell’artista dal titolo “ La Filarmonica” alla Galleria Nove colonne di Bergamo dice: “…con le tele di Galli si può giocare liberamente con l’immaginazione al di là dei confini della contingente visione…E’ un gusto del comporre particolare, verista, surreale, a tratti metafisico; la scelta tematica (la musica, i musicisti) ben si addice come parallelo agli elementi formali che strutturano l’insieme: il contrappunto del colore, il dialogo delle superfici e, soprattutto, l’insieme fatto di tanti quadri “frammento” che si attraggono tra loro, chiedono spazi, pause, come appunto le note di un’armonia musicale. La sorgente di tutte le opere di Galli penso si possa riscontrare in una indiscussa abilità tecnica: questo è uno degli aspetti salienti della sua dinamica, vigorosa e spontanea insieme; ci rivela la buona qualità di un fare artistico che al di là di reali elementi contingenti, sa cogliere il fremito guizzante di una vitalità duratura che balza viva dalle sue opere. La padronanza del tratto disegnativo gli permette di esprimere il suo variegato mondo interiore, rivelando così una inesauribile capacità di cogliere sempre nuovi aspetti della realtà stessa. La suggestione dei volumi e dei colori lo possiede ma egli sembra piegarla ad un gioco di ordine apparentemente geometrico che si risolve in compiutezza formale e nella accesa incisività coloristica. L’importanza espressiva di Galli come interprete geniale e ironico dello spirito nuovo del nostro tempo, del mondo industriale e del suo dinamismo, di certe tematiche che investono il contesto sociale, dei modi di vita, della concezione narrativa, va riconosciuta. Le sue figure, vivono nel contesto pittorico, libere da ogni costrizione: l’artista cerca di coglierne i momenti salienti nel loro evolversi dinamico; le tinte accese con preferenza dei rossi e dei gialli, i tratti compositivi e le geometrie contribuiscono a creare un insieme surrealista ma anche altamente verista, in senso moderno. Come ben espresso in un brano critico di Claudio Pellegrini, che vorrei citare a conclusione di questo saggio introduttivo: “…I personaggi di Galli sono legati al mondo rutilante e superficiale della pubblicità, dei billboards, cioè con le grandi immagini disegnate su cartelli pubblicitari che fanno da sfondo alle presenze umane in attesa sulla panchina del metrò. L’ immagine di Galli è l’esatto antipodo della pseudo- pittura della persuasione occulta che con i billboards raggiunge i suoi effetti più deliranti: la deformazione della verità con la verità più esasperata.
Guardando i ritratti di Galli così esattamente veri, ci si può chiedere se la tecnica della riproduzione dell’immagine sia una causa o un effetto della pittura che va dal pop all’iperrealismo: ci si chiede, cioè, fino a che punto un autore di immagini iperrealiste sa che l’enfasi del colore più reale del reale, del particolare più fotografico della fotografia, compie un’opera di mistificazione della realtà. Una rappresentazione verista in senso attualistico, dunque, quella di Galli, che conduce alla conoscenza profonda, distaccata e materiale, incondizionata, del viver la realtà. Ergo: più iperrealisti di così, si vive”.
Aldo Picco