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Olga

Aggiunto il 1 nov 2015

girotondo

La mia maestra all’asilo si chiamava Olga, un nome antico, ed aveva una sorella di nome Virginia che mi dicevano fosse quello di un paese che non conoscevo; avevano pure un fratello Generale che quando arrivava in paese lo festeggiavano come un santo.
Olga e Virginia abitavano davanti a casa mia, dall’altra parte della strada e spesso mi facevano giocare nel loro cortile dove c’era un gran fico con un’altalena legata ad un ramo orizzontale; per arrivare al cortile, dovevo percorrere un corridoio pieno di melanconiche calle coi loro calici bianchi dalla lingua gialla sputata verso il soffitto.
In fondo al corridoio c’era una porta a vetri colorati che quando il sole la investiva rallegrava tutto l’atrio oltre alle calle.
Da Olga era passato tutto il paese e tutti, come me, s’erano presi qualche scappellotto per le aste storte o i cerchietti ovali che ti faceva fare alla scrivania seduto sulle sue gambe.
Anche se c’era Olga, detestavo l’asilo perché ci dovevo stare chiuso, mentre fuori in piazza la gente andava e veniva, così che, quasi tutte le mattine, invece d’andare all’asilo, uscivo con Marietta, la fantesca, che mi nascondeva alla vista di mio padre dietro le sue larghe gonne.
Babbo non diceva niente e posso dire che all’asilo ci andai pochissime volte perché, sinceramente, mi sembrava tempo sprecato con tutto quello che c’era intorno da vedere e capire.
Non ho più tradito da allora la scuola; ho frequentato cercando di non mancare mai e non perché volessi essere bravo e studioso ma per sola autodisciplina. Ovviamente è escluso il ’68 e gran parte del ’69, per sempre meno noti motivi.
Oggi, vado su MAPS dove riesco a vedere la casa dove abitavo e quella di Olga e Virginia di fronte. Più in giù, sulla stessa strada, c’è ancora il portone dell’asilo e nulla mi pare cambiato, così che mi domando se ci siano ancora, dentro la bacheca a vetri, la grande littorina in legno e il porta birilli fatto a nave coi suoi marinai dritti, dritti e le due palle rosse incastrate a poppa e che furono uno dei tanti irrisolti misteri della mia infanzia: perché non ci si poteva giocare?

 

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Si avvicina dicembre col Natale

Aggiunto il 28 ott 2015

Si avvicina dicembre col NataleSi avvicina Dicembre e come tutti gli anni si fa qualcosa da 
mostrare, io, con notevole ma forzato anticipo, ho pensato ai giocattoli ed al piacere dei bambini di riceverli perché, alla fin della fiera, i doni del Natale fanno parte della rara collezione dei ricordi piacevoli della vita ed è bene che tutti, dico tutti, ne abbiano qualcuno nel proprio album. 
Si dice che a Natale anche i più efferati stronzi divengano buoni, io non ci credo ma… va bene lo stesso; fatto sta che il pensiero che un padre, anche se enormemente stronzo, non possa donare qualcosa, quel giorno, ai propri figli, mi fa soffrire, sia per i figli, sia per lui.
In definitiva, sono disegni dedicati ai bambini che giocano, che amano le fiabe e che si divertono al teatrino delle marionette; ai bambini che amano i genitori ed hanno sogni di futuri mestieri, magari impossibili ma non per ora. 
E’ un piccolo dono di immagini anche per quei bimbi appena diventati adulti coi loro costosi pantaloni strappati, coi loro tatuaggi e con il loro fare da duri bevitori di birra, poi vomitata negli angoli bui delle strade che percorro il mattino. 
Anche loro, poco tempo fa, erano bambini che amavano le fiabe e le marionette e non rubavano il tempo al loro futuro. Per questo li amo, amo anche loro assieme ai bambini di tutte le età.

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Abitudini

Aggiunto il 27 ott 2015

Non si rinuncia ai piaceri del mattino, che poi sono le voci che vengono dalle altre stanze, il profumo di caffè, lo sferragliare del tram all’incrocio o il clacson del taxi in partenza sotto casa; cose semplici, sempre le stesse, ma non proprio perché comunque anche esse, impercettibilmente cambiano: il bar all’angolo da un mese ha un altro gestore ed il panettiere si è messo in testa di fare panzerotti, tanto che il buon odore di pane si mischia a quello di fritto.
Pazienza…tra qualche tempo farà parte della normalità anche l’odore di fritto e mi dispiacerà dovesse cambiare.
Ogni mattina mi bevo la ciofeca della cuccuma anche se è cattiva così come, appena uscito, mi faccio un caffè al bar dove mi sto abituando a Berto, il barman che mi fa un vero caffè espresso e trovo anche che le brioche hanno il sapore di sempre.

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Stefano Galli - Meeting Art

Aggiunto il 20 lug 2000

E’ difficile associare Stefano Galli ad altri artisti o ad una scuola tanto spiccata è la sua originalità. Ci troviamo di fronte a tematiche espresse con senso geometrico e con soggetti che si rifanno ad un certo verismo surrealista, non privo in alcune opere di effetti cubisti. Una pittura aperta, nella quale le figure e le immagini non risultano sollecitate da fenomeni astratti, quanto piuttosto da uno scandaglio narrativo che rispecchia una individualità del profondo della coscienza dell’artista. Di lui scrive Donato Conenna: “I personaggi e gli interpreti dello scenario posto sulla tela da Galli, vivono una loro età senza tempo: essi possono essere abitanti dei quartieri pop di un hinterland americano o visitatori stanchi di antiche case liberty viennesi o- nondimeno- sono la versione ortogonica dell’umanità eccentrica di Adami.

Certo, in Galli, senza giungere a solenni conclusioni simboliche, anzi concedendosi ad una sorta di elegante, contenuta ironia del “belvedere”, si può “leggere” e quindi assaporare, tutto il dulcamaro che l’immagine nuova e vera invia all’osservatore…”. Questa è la componente più sentita della pittura dell’artista, in quanto rappresenta un nuovo modo di esplorare la realtà dell’uomo all’interno del mondo nel quale esiste e se per un verso ha aiutato la lievitazione del poliedrico cosmo fantastico di Galli, per un altro è stata spunto prezioso di riflessione sulla necessità di un ampio spazio per agire in conformità al proprio dettato interiore, al di fuori dei vari condizionamenti esterni. Questo genere di pittura si avvale di momenti di vita, a volte in una dimensione iperrealista, in certi casi si caratterizza con la visione molteplice di alcuni frammenti di immagini che si ricollegano a numerosi assetti visivi, alla loro interferenza e alla giusta interpretazione dei ricordi, sino a creare nell’ordito narrativo una maggiore ampiezza del tempo e dello spazio che vi appare in forma coloristica vibrante ed accesa, non vincolata da diagrammi preconfezionati. Galli, anche nei dipinti in cui si nota una certa “gangherie”, agisce in una totale libertà, alleata ad un innato senso del colore, dell’equilibrio delle masse, della composizione. Ariel Bionda, presentando nel 1993 una mostra personale dell’artista dal titolo “ La Filarmonica” alla Galleria Nove colonne di Bergamo dice: “…con le tele di Galli si può giocare liberamente con l’immaginazione al di là dei confini della contingente visione…E’ un gusto del comporre particolare, verista, surreale, a tratti metafisico; la scelta tematica (la musica, i musicisti) ben si addice come parallelo agli elementi formali che strutturano l’insieme: il contrappunto del colore, il dialogo delle superfici e, soprattutto, l’insieme fatto di tanti quadri “frammento” che si attraggono tra loro, chiedono spazi, pause,  come appunto le note di un’armonia musicale. La sorgente di tutte le opere di Galli penso si possa riscontrare in una indiscussa abilità tecnica: questo è uno degli aspetti salienti della sua dinamica, vigorosa e spontanea insieme; ci rivela la buona qualità di un fare artistico che al di là di reali elementi contingenti, sa cogliere il fremito guizzante di una vitalità duratura che balza viva dalle sue opere. La padronanza del tratto disegnativo gli permette di esprimere il suo variegato mondo interiore, rivelando così una inesauribile capacità di cogliere sempre nuovi aspetti della realtà stessa. La suggestione dei volumi e dei colori lo possiede ma egli sembra piegarla ad un gioco di ordine apparentemente geometrico che si risolve in compiutezza formale e nella accesa incisività coloristica. L’importanza espressiva di Galli come interprete geniale e ironico dello spirito nuovo del nostro tempo, del mondo industriale e del suo dinamismo, di certe tematiche che investono il contesto sociale, dei modi di vita, della concezione narrativa, va riconosciuta. Le sue figure, vivono nel contesto pittorico, libere da ogni costrizione: l’artista cerca di coglierne i momenti salienti nel loro evolversi dinamico; le tinte accese con preferenza dei rossi e dei gialli, i tratti compositivi e le geometrie contribuiscono a creare un insieme surrealista ma anche altamente verista, in senso moderno. Come ben espresso in un brano critico di Claudio Pellegrini, che vorrei citare a conclusione di questo saggio introduttivo: “…I personaggi di Galli sono legati al mondo rutilante e superficiale della pubblicità, dei billboards, cioè con le grandi immagini disegnate su cartelli pubblicitari che fanno da sfondo alle presenze umane in attesa sulla panchina del metrò. L’ immagine di Galli è l’esatto antipodo della pseudo- pittura della persuasione occulta che con i billboards raggiunge i suoi effetti più deliranti: la deformazione della verità con la verità più esasperata.

Guardando i ritratti di Galli così esattamente veri, ci si può chiedere se la tecnica della riproduzione dell’immagine sia una causa o un effetto della pittura che va dal pop all’iperrealismo: ci si chiede, cioè, fino a che punto un autore di immagini iperrealiste sa che l’enfasi del colore più reale del reale, del particolare più fotografico della fotografia, compie un’opera di mistificazione della realtà. Una rappresentazione verista in senso attualistico, dunque, quella di Galli, che conduce alla conoscenza profonda, distaccata e materiale, incondizionata, del viver la realtà. Ergo: più iperrealisti di così, si vive”.

 

Aldo Picco

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