Grande Slam, lo chiamavano così per via delle tredici prese favorevoli a bridge che lo resero per un bel pezzo famoso tra i debosciati del bar Primavera, però non fu abilità ma fortuna.
Si sa che al gioco delle carte, quando vinci tanto, si crea il mito ed il mito di Grande Slam non poteva spegnersi altrimenti chi lo avrebbe più sfidato a carte; sarebbe stata la sua rovina, pertanto dovendo in qualche modo confermare la sua bravura, l’unico modo era quello di aiutare la fortuna.
E’ facile intuire che la fortuna a carte la puoi rendere certa soltanto con mazzi truccati e Grande Slam divenne abilissimo nel segnare i valori e i semi sul dorso delle carte.
La cosa andò avanti per molto tempo e Grande Slam divenne, otre che famoso, anche ben ricco, tanto che poteva permettersi di gareggiare con personaggi di alto livello: industriali, commercianti, attori, facevano a gara per giocare, e perdere, con lui e tutto durò fin alla vigilia di Natale, quando un bianco e rosso Babbo Natale, entrò con tutti i suoi regali nel bar Primavera per bere un grappino che lo scaldasse dal freddo. Grande Slam, ormai viziato dalle continue e disoneste vincite, non si trattenne dal desiderare di possedere tutti i regali destinati ai bambini buoni che il povero Babbo Natale si portava sulla schiena, così lo invitò ad una innocente partitina tra dilettanti, tanto per stare un po’ al caldo prima di affrontare il freddo dei tetti.
Babbo Natale, dovete sapere, non è quella gran cima di intelligenza che cercano di farti credere, infatti lassù, al circolo polare artico o posti simili dove dicono che vive, lo considerano un buon uomo o come dicono in certi posti: un gran patacca ed in altri un povero marrone e via di seguito, pertanto dopo un’oretta di gioco s’era perso tutto: regali, renne ed il bel vestito rosso con gli sbuffi di pelo bianchi e, non si può nascondere , anche le mutande color porpora, cioè l’ultimo capo originale rimastogli del look inventato dalla Coca Cola per lui e così conciato, anzi del tutto nudo, si avventurò nel parco tra i condomini per nascondersi dentro una siepe.
Per fortuna lassù, al circolo polare artico, i folletti laboriosi per precauzione lo seguono sempre con una sfera di cristallo grossa quanto una mongolfiera per cui, vistolo così conciato, gli spedirono, mediante una renna supersonica, un folletto giocatore, cinque monete da un euro ed un perizoma per le vergogne.
Ovviamente Grande Slam non poté sottrarsi all’attrazione di vincere a Babbo Natale anche quei cinque euro e magari il perizoma, per cui si riprese il gioco ma questa volta, ad insaputa di Grande Slam, Babbo Natale era invisibilmente guidato dal folletto giocatore.
Potete immaginare che in mutande ci andò ‘sta volta Grande Slam.
Perdere con Babbo Natale non fu come perdere con uno qualunque, fu come perdere con l’immagine della gioconda innocenza.
La notizia si sparse e Grande Slam perse nel giro di una serata non solo la sua fama di grande giocatore, ma conquistò quella di pollo da spennare.
Con i soldi vinti Babbo Natale comperò tanti giocattoli da aggiungere a quelli che aveva già, potendo così far felice tanti altri bambini.
Grande Slam invece, uscito barcollando dal bar Primavera, continuò a ripetersi per tutta la serata: “Che figura di merda!”.
Il giorno di Natale, si ritrovò solo, e soltanto verso sera incontrando un paio di sfaccendati poté giocare una mezz’oretta a rubamazzo.
Si dice che la posta fosse un panettone e che, sempre si dice, lo dovette pagare Grande Slam e, probabilmente, fu proprio così perché è da allora che Grande Slam, quando si avvicina il Natale, si mette a mugugnare ripetendo ad ogni occasione: “Babbo Natale non porta doni, Babbo Natale porta sfiga!”