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Le Noie della Trincea

Aggiunto il 10 lug 2018


Vi ricordate di Dante Di Rosa che batteva a bigliardo chiunque? Per un intero anno si dedicò a livellare il tavolo perché fosse perfetto. Le stecche le teneva in alto, sopra l'umido della trincea.

E di Renzetti che si beveva una bottiglia di Fernet al giorno? Il Generale lo trovò ubriaco e lui gli puntò il moschetto in faccia. Si fece tre giorni legato al palo sul cucuzzolo ma non fu ammazzato.

E Abriani, Luca Abriani gran donnaiolo; si finse malato per stare con una infermiera e finii morto in prima linea.

La broda era schifosa ed il cuoco, un certo Nicotra, ci sudava dentro. Però la pentola, a aspettavamo tutto il giorno spiando la cucina.

Carte, bigliardo, qualche scherzo: la vita di trincea.

In definitiva fu una gran noia aspettare il nemico.


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A Pesca di Cozze

Aggiunto il 8 lug 2018

E' tempo di mare ed il mio sogno, il sogno di tutti gli anni, è quello di andare a pescare cozze.Il mare, la pesca, la solitudine rappresentano il mio sogno di libertà e ne ho bisogno, un bisogno fisico irrinunciabile.

Ho predisposto tutto con pignola attenzione, compreso il non trascurabile gruzzolo per pagare i tre giorni di albergo. Cinque anni fa i tre giorni di albergo li passai effettivamente in albergo perché piovve tutto il tempo. Quattro anni fa mi ammalai di rosolia e quelli dell'albergo mi misero in quarantena; dovetti pagare pure un'aggiunta di quattro giorni e la disinfezione della camera. Tre anni fa fu un disastro: una specie di tifone distrusse mezzo villaggio e mi incastrarono come volontario di protezione civile; tornai a casa con le mani callose e la schiena rotta. Il culmine lo raggiunsi due anni fa quando , per un inspiegabile incidente, la mia banca non mi fece credito ed all'albergo, il solito albergo, mi fecero lavare piatti e pavimenti per una settimana. L'anno scorso non avevo soldi sufficienti e quindi rimasi a casa. Oggi sono arrivato in albergo e tutti, dico tutti, mi conoscono e mi salutano come una persona ben nota: ho scoperto qualcuno fare le corna.

Forse hanno ragione, ma io non demordo perché oltre al mare, alla pesca ed alla solitudine, c'è una latro aspetto che compone la mia libertà: l'ignoto futuro.

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Figlie mie

Aggiunto il 21 ott 2016

candida vesteFiglie mie non è un rimprovero ma…
Quando, carico degli acciacchi del mattino, mi alzo dal letto e con mamma compiamo le semplici cose del risveglio, vado volentieri al ricordo del vostro giungere in cucina, nelle bianche vestaglie, con l’umore gioioso o mugugnante; con problemi non rivelati e quesiti riservati a mamma per i pudori di voi piccole donne.
Abbiamo coltivato in noi i vostri sogni e lottato affinché fossero semplicemente belli e, nel momento stesso in cui ci lasciaste, ve li portaste via lasciandoci come due spezzoni alla deriva, abbandonati come i primi stadi di un missile in rotta verso la luna.
Oggi, io e mamma, riempiamo la casa dei nostri brevi, esistenziali dialoghi, chiamando i gatti colla voce dei bambini perché, è inutile negarlo, quello che ci premeva fare era si di generare vita ma anche di trattenerla il più possibile con noi, sperando che il tempo non passasse e rimaneste sempre bambine.
Quando, con l’inizio del vostro lungo esercizio di sopravvivenza, lasciaste casa per andare come raminghe verso il futuro, non ebbi alcun timore per voi figlie perché la forza, il coraggio e l’incoscienza della gioventù vi avrebbero guidate e protette.
Ma tutto ciò ricordate: è assolutamente normale.
Assolutamente normale.

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Cosa c’è dentro

Aggiunto il 19 ott 2016

l'armadioLe cose che ci ho infilato in questo armadio non lo so nemmeno io! E’ un caos, e me ne accorgo ogni volta che lo apro per cercare un vestito, una giacca o qualcosa che so di averci messo.
Il problema è che non butto via niente, ed anche se trovo un vecchio paio di pantaloni di tanti chili fa, mi dico che prima o poi dimagrirò e lo rinfilo nell’armadio, in quel vortice statico di vestiti, camicie e cappotti compressi. 
Mi ci infilo come fosse una stanza senz’aria; in apnea tasto e ritasto ripassando nella memoria il tatto ruvido di quella lana o lo scivoloso impermeabile di nylon mentre il volto, le orecchie e i capelli strisciano deformandosi nel buio percorso delle stagioni.
Ecco la giacca spinata con le toppe di cuoio. Ed ecco il pantalone di velluto col bottone mancante! Lo so, è del giusto colore. 
Le cravatte? Questa di seta ha righe marroni e rosso mattone e quest’altra è invece azzurra, la riconosco: ha l’etichetta più larga e mezzo scucita. 
Mi manca la camicia: è appesa la in fondo dove arrivo col braccio arcuato a sfilare la gruccia dal corrente da tanto piegato dal peso; tasto, infilo il dito sotto il gancio, sollevo e sfilo la camicia. E’ da stirare.
Calze, cinghia e scarpe non sono un problema. Per oggi sono vestito; non metto ancora il cappotto perché non è poi così freddo come dicono; posso rimandare la cosa ad un prossimo viaggio quando avrò tutto il tempo che serve.

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Racconto di cani

Aggiunto il 23 set 2016

Forse l’affetto per le bestie mi venne coltivato o forse si coltivò da solo non lo so, so solo che non sopporto la tristezza degli animali quando vengono abbandonati.
Forse tutto ha origine dal racconto di mio Padre che dovette abbandonare il suo cane a Zara, quando fu rimpatriato; lo lasciò però a dei colleghi che già condividevano il suo affetto .E poi a quanto mi raccontarono di un soldato ungherese, vicino di alloggio dei miei genitori che, dopo la guerra, essendo anche lui rimpatriato, dovette lasciare il suo lupo ad Ancona; gli cercò un famiglia che lo amasse e la trovò però, quando partì, pianse col suo cane che aveva capito anche lui che quello era l’ultimo abbraccio del suo padrone.

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Le guerre degli altri

Aggiunto il 21 set 2016

Anche quest’anno andrò in vacanza la dove si combatte e per due precisi motivi: primo, dove c’è la guerra il turismo è in crisi per cui ti fanno prezzi stracciati e ti trattano da dio; secondo, perché quando torni qualcosa da raccontare ce l’hai di sicuro e se, per caso o per fortuna, crepa qualcuno della comitiva finisci anche in TV.
Il cacciatorpediniere accostò alla scogliera e quasi timidamente sparò una salva di cannone verso la scogliera; immediatamente dalle feritoie mimetizzate nella roccia, sbucarono alcune canne di grossi calibri che in pochi istanti affondarono il caccia.
Le navi da battaglia a qualche miglio di distanza in attesa degli eventi, ripresero la navigazione avvicinandosi, ponendosi con l’artiglieria in posizione di cannoneggiamento; solo in quel momento mi accorsi del possibile pericolo, così mi alzai dallo sdraio e sbandierando il mio asciugamano rosso, avvisavo della nostra presenza: eravamo turisti!
I cannoni dalla fortezza nascosta nella scogliera, spararono con alzata troppo alta una serie di proiettili che finirono oltre la flotta la quale, ormai pronta alla battaglia, scaricò una decina di potenti bordate sulla roccia.
Io intanto mi sbracciavo sventolando l’asciugamani mentre mia moglie roteava a mo’ di bandiera il variopinto ombrellone; “Ma che cazzo, non ci vedono!?”.
Alla fine decidemmo di lasciare in tutta fretta la spiaggetta; correndo con sotto braccio figli, ombrellone e sdraio, ci dirigemmo verso l’albergo; “Mi sentiranno” pensavo mentre il cannoneggiamento aumentava ed intorno a noi cadevano frammenti di roccia e lapilli incandescenti.
“E’ una cosa indecente; non è previsto che la loro stupida guerra ci tocchi, siamo turisti; adesso gli faccio un culo!”
Non trovammo più l’albergo in piedi e ne ovviamente il bagaglio; conciati da spiaggia come eravamo raggiungemmo, affamati e stracciati, in tre giorni di marcia, il Consolato che era in piena evacuazione. 
Il Console non ci degnò di uno sguardo, solo un funzionario ci indicò una lunga fila di gente che si dirigeva verso l’aeroporto dove, in un angolo nascosto, dietro alcuni hangar semidistrutti, un elicottero con la nostra bandiera ci aspettava.
A seguito di serie minacce da parte del pilota, lasciai a terra a malincuore l’ombrellone da spiaggia che era stato il nostro tetto per due notti. 
Nel freddo vortice d’aria durante il volo che ci portò in un aeroporto ai limiti della decenza, decisi di chiedere i danni all’Agenzia di Viaggi, ma i furbi si erano tutelati: avevano previsto una cosa del genere in un clausola scritta così in piccolo che dovetti aguzzare la vista.
La prossima volta leggerò meglio il contratto perché di fronte ad eventi del genere è giusto che il turista sia tutelato.

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Racconti tra donne

Aggiunto il 5 ago 2016

Quando entrò in negozio con l’abito di candido lino, le scarpette color marocchino ed il panama in mano, mi si apri la mente a sogni di terre lontane, al sole abbagliante di polverose città tropicali, al mare solcato da prue di navi bisunte, alle palme, alla gente con vesti sgargianti, al sudore, all’afrore.
Continuai a servire i clienti seppur con la mente fuggivo a braccetto di quell’uomo mai visto ma sempre sognato e, finalmente, arrivato in un momento improvviso, fatato.
Ammiravo rapita il suo abito floscio dalle morbide pieghe adattarsi ai passi ciondolanti di marinaio in banchina
Intanto in attesa lui tastava, tra pollice ed indice, gli sfilatini di pane francese fino a scegliere quello che gli sembrava più adatto. 
Quando venne il suo turno, appoggiandomi la baguette sul bancone, mi chiese se potevo tagliarlo per il lungo con cura ed imbottirlo con un etto di prosciutto di Parma e quattro carciofini sott’olio ben strizzati.
Allora, tanto per rompere il ghiaccio, dissi qualcosa sul buon appetito del viaggiatore, ma subito mi precisò che la pagnotta non era per lui, col suo mal d’auto non aveva certo appetito, ma per sua moglie in attesa di fuori, seduta al volante.

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Il pantalone

Aggiunto il 3 ago 2016

Non penserai di vincere?
Se mi metto in testa una cosa la faccio, maledetto calzone!
T’ho portato non più di cinque volte. 
E’ vero che un po’ ingrassato lo sono, ma non fino al punto di non abbottonarti anche tirando il fiato.
Op là, ecco fatto! T’ho abbottonato, contento di avermi fatto sudare?
Adesso tocca a te resistere perché, dovessi sbracarti improvvisamente lasciandomi a culo nudo, ti giuro che in qualunque posto fossimo, non faccio come con tuo fratello l’anno scorso che m’ha fatto correre a casa con una mano di dietro…una vergogna… ‘sta volta ti cavo e ti brucio sul posto!
Se non altro, ci guadagnerei in dignità

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Venezia

Aggiunto il 29 lug 2016

Venezia di notte non è piazza San marco e neanche il ponte di rialto. Venezia e' il casino' dai vicoli scuri; il comando di polizia della stazione; la milza sotto aceto di un'unta trattoria. E' il ricordo di antiche gite che compaiono improvvise nella mente come le immagini di sogni alla mattina dimenticati. E tutto è illuminato dalla luce gialla di una solitaria lampadina impolverata appesa al soffitto di una stanza vuota d'albergo.

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Sorseggiando il caffè

Aggiunto il 27 lug 2016

Il mattino, da dietro le persiane accostate e a questi gerani, con in mano la tazzina del caffè, guardo la piazza assolata, tinta del rosa del primo sole; mando soltanto uno sguardo al brulichio degli ambulanti che coprono di verdura i banconi per abbandonarmi al nulla.  
Immobile, con lo sguardo fisso in un punto all’infinito, senza nulla vedere o pensare, percepisco l’immobilità del tempo non interrotta dal movimento involontario e cadenzato del braccio che porta il caffè alla bocca. Può passare un secondo, come un anno, non so. 
A volte mi invento che sia passata una intera vita e questo mio risveglio sia la vita di un altro me; un me per un po’dimenticato ed ora, che è ritrovato, riprende la propria esistenza. 
Così, mi guardo intorno e vedo cose note ma mai esaminate; mi fingo di farlo per la prima volta ed allora afferro un soprammobile, lo scruto, lo giro e rigiro e poi magari passo ad una rivista abbandonata sul sofà o ai quadri appesi nella penombra del corridoio. 
Lo so che qualcuno mi scruta di sottecchi.
Sono io domani?

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